Tavola Rotonda del 27 aprile 2012. Dove Morivano i Dannati 2.
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Tavola Rotonda del 27 aprile 2012. Dove Morivano i Dannati 2.
DI MARTA FEDI
Il giorno 27 aprile 2012 si è tenuto presso il Polo Psicodinamiche di Prato il convegno "Dove morivano i dannati. La condizione degli asili per il disagio mentale prima e dopo la legge Basaglia" per riflettere attorno al concetto di follia: come veniva considerato il folle prima dell'apertura del manicomio? E che cosa è cambiato dopo la legge Basaglia?
Per discutere di questi argomenti sono stati chiamati il Dott. Vittorio Biotti, psicologo e psicoterapeuta e il Dott. Carlo Catagni, psichiatra, Direttore Sanitario del Centro di Riabilitazione Psichiatrica "Il Melograno" di Firenze. Moderatore: Dott. Ezio Benelli, Direttore della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm.
Il Dott. Biotti, partendo dal pensiero foucaultiano, ha ricercato documenti e fonti sul territorio toscano: più che di una follia come oggetto, si è trovato davanti ad una visione dinamica, a vari saperi e varie definizioni della follia.
Michel Foucault con "Storia della follia nell'età classica" presenta una genealogia della follia, distinguendo con età precedente ed età classica due momenti storici che hanno vissuto in maniera diversa la malattia mentale: nel 1300 e nel Rinascimento (età precedente), il folle viveva maggiormente all'interno della società, veniva valorizzata "l'esperienza tragica della follia", cioè la diversità nel vedere e nel fare le scelte della vita. Al contrario, l'età classica, che va dal XVII secolo fino ai primi anni del XIX, ridurrà al silenzio la follia potando all'internamento del malato.
La prima casa Pia dei Pazzerelli viene istituita nel 1600 a Firenze, chiamata Santa Dorotea. In questo periodo storico la figura del folle si ritova nei processi criminali, civili e nei procedimenti correzionali in quanto, non prendendo sacramenti e dando scandalo in pubblico, veniva rinchiuso in carcere.
Viene a crearsi, così, una confusione fra follia e condizione di disagio sociale: nel carcere finivano sia i folli sia i figli scavezzacollo e i folli venivano considerati dei malati etici che potevano guarire nel tempo. Le condanne degli alienati, infatti, dipendevano dal beneplacito del Granduca e non dal tempo trascorso in carcere.
Anche le testimonianze dei medici ai processi fino al '700 (periodo storico che segna un notevole sviluppo sulla concezione generale della follia) non erano considerate importanti, la perizia medica era pari a quella del prete o dei parenti.
Riflessioni:
Negli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) la situazione è simile a quella del 1600: anche oggi l'internamento di un malato mentale che ha commesso un reato giudiziario dipende dal "benepalcito" del giudice, come in passato dipendeva da quello del Granduca.
Secondo il Dott. Carlo Catagni, il problema della gestione della follia è un problema sociale.
Se in epoche antiche si affidavano i folli all'esorcista per la purificazione, alla fine del Medioevo si ha una trasformazione: per il bene comune la tolleranza si restringe, i folli si emarginano dalla società e si rinchiudono negli asili. Al loro interno si trovano categorie diverse, come vagabondi, mendicanti e folli: lo stigma asilare diventa quindi il principale strumento identificativo del folle e l'internamento è legato principalmente alla pericolosità sociale. Curare, quindi, con la segregazione sociale.
Ma che cos'è la follia per la medicina e la psichiatria? Per rispondere a questa domanda ci troviamo davanti a due ipotesi: è una malattia della mente, tesi sostenuta da Pinel, oppure è una malattia del cervello.
In Italia alla fine del '700, con Vincenzo Chiarugi, si è più propensi a sostenere la seconda tesi e le teorie organicistiche della follia cominciano a prendere sempre più campo. Nel 1904 si attua la legge nazionale n. 36 sull'assistenza psichiatrica: è una legge di pubblica sicurezza e non una legge sulla sanità. L'internamento è definitivo, gli alienati perdono i diritti civili per tutto il periodo della reclusione. La successiva legge 431 è una prima modifica della 36/04 e stabilisce i Centri di Salute Mentale.
Negli anni '70 modello di intervento medico farmacologico permette di attuare un colloquio terpeutico con gli psicotici, cosa che prima risultava impossibile, ma finisce anche per allontanare il paziente dal suo contesto di vita, si finisce per curare la malattia dimenticandosi della persona.
La legge 180/78 o più comunemente conosciuta come legge Basaglia, sancisce il trattamento sanitario obbligatorio, per cui ogni regione elabora un prprio piano sanitario con la conseguenza di discrepanze organizzative e la perdita di uniformità di prassi operative e di modalità di intervento.
Riflessioni:
Secondo la legge 36/904, che rimane in vigore fino al 1978, per il ricovero di un malato mentale bastava una segnalazione, con conseguenze di abusi anche patrimoniali. Dopo la chiusura dei manicomi, i folli venivano mandati nelle famiglie di origine che spesso non sapevano cosa fare e come conseguenza di ciò molti malati si sono suicidati.
Che cosa accadrà alla chiusura degli Opg?
Un modo di garantire un assetto è l'uniformità delle procedure e delle modalità: ci sono molteplici cause che lavorano insieme nella disfunzione mentale, quindi per garantire al meglio la gestione e la cura del malato mentale bisognerebbe utilizzare un intervento bio-psicosociale.
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