L'Anima normanna del Santo Sepolcro di Barletta
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L'Anima normanna del Santo Sepolcro di Barletta
L’Anima normanna del Santo Sepolcro di Barletta
di Irene Battaglini
Il nitore drammatico del Santo Sepolcro di Barletta si manifesta come una sintesi perfettamente organizzata tra categorie che appartengono a più ordini di riflessione. La Basilica cattolica, consacrata nel 1726, è definita in stile “gotico temperato”. I quattrocento anni della sua storia architettonica (la “costruzione” inizia nell’XI secolo e si conclude nel XIV) vivono nella pienezza del legame diretto con la Terra Santa e il Sepolcro di Gesù Cristo.
[…]
Il paziente tentava costantemente di sfuggire alle proprie esigenze emotive. In realtà egli temeva che queste potessero procurargli dei fastidi, come per esempio il matrimonio o altre responsabilità, come amore, dedizione, fedeltà, confidenza e sottomissione alle esigenze dell’anima in generale. Tutto questo non aveva nulla a che fare con la scienza e la carriera accademica; e inoltre, la parola “anima” non era nient’altro che una sconvenienza intellettuale di cui non bisognava assolutamente rendersi colpevoli.
Il “segreto” dell’Anima è l’allusione religiosa, un vero enigma per il mio paziente, il quale, naturalmente, della religione sapeva soltanto che essa è un’appartenenza confessionale. Ed egli sapeva pure che la religione poteva soddisfare certe imbarazzanti esigenze del sentimento alle quali era forse possibile sfuggire dedicandosi alla devozione chiesastica. I pregiudizi della nostra epoca si riflettono chiaramente nelle apprensioni del sognatore. La voce, d’altra parte, non è ortodossa, essa è anzi scandalosamente anticonvenzionale, prende sul serio la religione, la pone in cima alla vita, una vita che contiene “le due facce”, e distrugge così i più cari pregiudizi intellettuali e razionalistici.
C.G. Jung, “Dogma e simboli naturali”, in Psicologia e religione (1937-1938).
E’ sorprendente come una struttura semplice, a pianta basilicale, con tre navate divise da pilastri dalle linee rigorose, possa aprire a riflessioni sulla Bellezza, sulla solitudine, sull’identità che si rapporta alla storia. Il Santo Sepolcro conserva un tesoro di reliquie ed oggetti provenienti dalla Palestina, allocati nella cappella sovrastante il nartece, ed è per questo che assomiglia ed assolve all’idea dello scrigno che salva dagli occhi che prendono e invita allo sguardo che si posa sulla meraviglia. Non sembra soffrire della commistione dei caratteri stilistici rappresentati, tutt’altro, sembra avvantaggiarsene in un’esaltazione in cui lo sguardo si definisce, obbligando la vista ad applicarsi alla conservazione delle forme.
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