L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO E LEGALE NELLE DINAMICHE FAMILIARI
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L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO E LEGALE NELLE DINAMICHE FAMILIARI
L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO E LEGALE NELLE DINAMICHE FAMILIARI
RELEVANCE OF MEDIATION, BOTH JURIDICAL AND LEGAL, IN FAMILY
“Il mare spesso parla con parole lontane, dice cose che nessuno sa. Soltanto quelli che conoscono l’amore possono apprendere la lezione dalle onde, che hanno il movimento del cuore” (Romano Battaglia, Una rosa dal mare, 1994).
Per capire che cosa sia la mediazione familiare è necessario paragonare la crisi coniugale a un mare in tempesta dove l’imbarcazione costituisce il nucleo familiare in panne tra le onde.
Dunque, cosa fare se si vuole evitare il naufragio, soprattutto dei figli? Il mediatore è certamente colui che può fornire gli strumenti necessari “ai comandanti della nave” affinché possano condurre l’imbarcazione verso litorali sereni.
Quando l’uno dichiara all’altro la volontà di separarsi o, peggio ancora, quando questa decisione viene comunicata tramite legale, accade che chi la subisce tramuti il suo dolore in rancore e voglia di vendetta, rischiando di iniziare una battaglia con lo scopo di distruggere l’altro. Battaglia condotta con il convincimento che una parte non può vincere se l’altra non perde. In questo conflitto, il ruolo del genitore, offuscato dal desiderio di rivalsa, passa in secondo piano danneggiando inevitabilmente i figli che diventano oggetti, più che soggetti, contesi. I genitori dovrebbero comprendere che se la separazione e il divorzio pongono fine al rapporto di coppia, non porranno mai fine alla genitorialità che necessita, invece, di alleanza.
Ecco allora l’istituto della mediazione familiare, il cui obiettivo è quello di intervenire in via preventiva, al fine di eliminare il conflitto coniugale per rinnovare l’alleanza genitoriale. Il mediatore non è né un avvocato, né un giudice, né un terapeuta, bensì un professionista tenuto all’imparzialità e al segreto professionale, che si avvale di competenze specifiche allo scopo di diminuire la conflittualità e riaprire i canali della comunicazione. Senza comunicazione, anche il regime di affido condiviso, diventato ormai la regola e che impone che tutte le decisioni che riguardano i figli debbano essere “condivise” da entrambi, diventa inattuabile.
Per avviare questo percorso, è necessario che almeno una delle parti ne faccia richiesta, sarà poi compito del mediatore sollecitare la partecipazione dell’altra parte. Intraprendere il percorso di mediazione non significa abbandonare l’idea della rottura e riconciliarsi, bensì vivere l’esperienza della crisi passando da una situazione conflittuale distruttiva a un’altra più consapevole e gestibile.
E’ una scelta di coraggio, ma anche di intelligenza e lealtà verso i figli. Lo scopo è quello di fare arrivare le parti a non vedere più l’ex partner come la persona sulla quale riversare la responsabilità della fine della storia (o del matrimonio), ma come il genitore scelto per il proprio figlio. Il mediatore deve dunque: stimolare i partner a cercare soluzioni transattive affinché abbiano la consapevolezza di riuscire a produrre ancora qualcosa insieme (nonostante la fine dell’amore); appianare i contrasti e ricostruire un nuovo equilibrio, senza però mai giudicare chi è colpevole e chi no; trasformare l’idea del conflitto in forza propulsiva in grado di rigenerare un nuovo legame.
Dopo che il mediatore ha guidato le parti nel riavvicinamento, aiutandole a elaborare soluzioni e progetti educativi condivisi, gli avvocati possono sfruttare positivamente la ritrovata comunicazione dei coniugi per individuare la “formula legale” idonea a soddisfare l’aspettativa dell’assistito. Pertanto la convivenza tra mediatore e avvocati non solo è possibile, ma auspicabile.
Bernardini De Pace, Annamaria
Avvocato
Presidente Forum della Famiglia (Milano, Italy)
RELEVANCE OF MEDIATION, BOTH JURIDICAL AND LEGAL, IN FAMILY
“Il mare spesso parla con parole lontane, dice cose che nessuno sa. Soltanto quelli che conoscono l’amore possono apprendere la lezione dalle onde, che hanno il movimento del cuore” (Romano Battaglia, Una rosa dal mare, 1994).
Per capire che cosa sia la mediazione familiare è necessario paragonare la crisi coniugale a un mare in tempesta dove l’imbarcazione costituisce il nucleo familiare in panne tra le onde.
Dunque, cosa fare se si vuole evitare il naufragio, soprattutto dei figli? Il mediatore è certamente colui che può fornire gli strumenti necessari “ai comandanti della nave” affinché possano condurre l’imbarcazione verso litorali sereni.
Quando l’uno dichiara all’altro la volontà di separarsi o, peggio ancora, quando questa decisione viene comunicata tramite legale, accade che chi la subisce tramuti il suo dolore in rancore e voglia di vendetta, rischiando di iniziare una battaglia con lo scopo di distruggere l’altro. Battaglia condotta con il convincimento che una parte non può vincere se l’altra non perde. In questo conflitto, il ruolo del genitore, offuscato dal desiderio di rivalsa, passa in secondo piano danneggiando inevitabilmente i figli che diventano oggetti, più che soggetti, contesi. I genitori dovrebbero comprendere che se la separazione e il divorzio pongono fine al rapporto di coppia, non porranno mai fine alla genitorialità che necessita, invece, di alleanza.
Ecco allora l’istituto della mediazione familiare, il cui obiettivo è quello di intervenire in via preventiva, al fine di eliminare il conflitto coniugale per rinnovare l’alleanza genitoriale. Il mediatore non è né un avvocato, né un giudice, né un terapeuta, bensì un professionista tenuto all’imparzialità e al segreto professionale, che si avvale di competenze specifiche allo scopo di diminuire la conflittualità e riaprire i canali della comunicazione. Senza comunicazione, anche il regime di affido condiviso, diventato ormai la regola e che impone che tutte le decisioni che riguardano i figli debbano essere “condivise” da entrambi, diventa inattuabile.
Per avviare questo percorso, è necessario che almeno una delle parti ne faccia richiesta, sarà poi compito del mediatore sollecitare la partecipazione dell’altra parte. Intraprendere il percorso di mediazione non significa abbandonare l’idea della rottura e riconciliarsi, bensì vivere l’esperienza della crisi passando da una situazione conflittuale distruttiva a un’altra più consapevole e gestibile.
E’ una scelta di coraggio, ma anche di intelligenza e lealtà verso i figli. Lo scopo è quello di fare arrivare le parti a non vedere più l’ex partner come la persona sulla quale riversare la responsabilità della fine della storia (o del matrimonio), ma come il genitore scelto per il proprio figlio. Il mediatore deve dunque: stimolare i partner a cercare soluzioni transattive affinché abbiano la consapevolezza di riuscire a produrre ancora qualcosa insieme (nonostante la fine dell’amore); appianare i contrasti e ricostruire un nuovo equilibrio, senza però mai giudicare chi è colpevole e chi no; trasformare l’idea del conflitto in forza propulsiva in grado di rigenerare un nuovo legame.
Dopo che il mediatore ha guidato le parti nel riavvicinamento, aiutandole a elaborare soluzioni e progetti educativi condivisi, gli avvocati possono sfruttare positivamente la ritrovata comunicazione dei coniugi per individuare la “formula legale” idonea a soddisfare l’aspettativa dell’assistito. Pertanto la convivenza tra mediatore e avvocati non solo è possibile, ma auspicabile.
Bernardini De Pace, Annamaria
Avvocato
Presidente Forum della Famiglia (Milano, Italy)
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