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Messaggio Da Polo Psicodinamiche Dom Mag 27, 2012 10:34 pm

OSSERVATORIO DI POLITICHE PROFESSIONALI
- POLO PSICODINAMICHE -
Dott.ssa Irene Battaglini, Dott.ssa Claudia Vallebona
Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa.
La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura.
E’ dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.
Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni

Albert Einstein, Il mondo come lo vivo io




In un momento in cui la parola "crisi", rivista e interpretata in tutte le sue sfumature, sta riempiendo intere trasmissioni televisive, pagine web ed intere testate giornalistiche, l'equipe del Polo Psicodinamiche da vita all'Osservatorio di Politiche Professionali.
Perché un Osservatorio, proprio in un momento come questo? Perché la necessità di focalizzare l'attenzione su quella che è ad oggi la politica professionale?
Perché ad oggi, più che mai, è fondamentale fermarci a riflettere per capire dove possiamo dirigere le nostre energie, dove possiamo indirizzare il nostro futuro professionale; perché "crisi", se lasciamo che la parola si riprenda il suo significato originale, vuol dire anche "scelta, decisione", un momento che separa una maniera di essere o una serie di fenomeni da altra differente.
Perché "crisi" quindi, vuol dire anche cambiamento, il quale porta naturalmente con sé alcuni fenomeni che possono rivelarsi anche traumatici sia per l'individuo che per la società stessa, come la resistenza, il lutto di una dimensione passata, la rabbia, la melanconia, una necessaria quanto faticosa ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle capacità personali. E se cambiare significa letteralmente "sostituire una cosa con altra simile o diversa", è condizione imprescindibile che si sappia cosa vogliamo sostituire e, ancor più, chi o cosa vestirà la funzione di sostituto.
Per questo nasce l'Osservatorio delle Politiche Professionali, per cercare di dare un senso e una linearità ad una professione, ovvero quella dello Psicologo, che al giorno d'oggi può fare molto per sostenere questa società sempre più iper-individualizzante e il soggetto stesso che, oramai sfiduciato e disorientato, cerca paradossalmente di farne parte: creare un confronto sulla politica professionale, intesa come una condivisione di un saper abitare un lavoro ad oggi così tanto variegato, poco definito e, oserei dire, un po' troppo "terapeutico", vuol dire ridefinire i confini entro cui sapersi muovere in modo sempre più etico e responsabile al fine di poter individuare nuove prospettive professionali a partire da come, oggi, stiamo lavorando.
In primo luogo, uno degli obiettivi principali dell'osservatorio sarà quello di svolgere indagini, ricerche ed attività finalizzate a promuovere la professione di Psicologo sul territorio toscano, nazionale ed europeo, congiuntamente alle altre figure di professionisti intellettuali e agli altri interlocutori primari; implementare la diffusione dell'approccio di lavoro in equipe pluridisciplinare diventa oggi uno strumento insostituibile attraverso il quale la comparazione multiprofessionale genera ricchezza e fertilità di idee, oltre a rafforzare maggiormente l'identificazione della professionalità dello Psicologo.
In secondo luogo, vorremmo coinvolgere le parti sociali, i liberi professionisti, i neolaureati, i laureandi e tutti coloro che sono interessati a sviluppare nuove opportunità di lavoro e ridefinire in modo più strutturato quelle già esistenti, considerando, come dicevamo in apertura, il momento particolarmente difficile e complesso che stiamo attraversando.
Durante questo anno, organizzeremo incontri e seminari più o meno informali dove i contributi delle proprie esperienze saranno l'oggetto principe della stesura di linee di intervento più definite ed efficaci.

LO PSICOLOGO IERI, OGGI E... DOMANI?

Nel 1989, precisamente il 18 febbraio, viene pubblicata la legge secondo la quale (cit. ART 1) "La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito". Durante gli anni a venire abbiamo assistito ad ogni genere di diatriba rispetto a quello che uno psicologo doveva, poteva e voleva fare (basti pensare alle discussioni intorno alla possibilità di fare psicoterapia, all'utilizzo degli strumenti psicodiagnostici, alla polemica sull'articolo 21 che rimane tutt'oggi in atto etc etc...), in mezzo a molteplici riforme che, di fatto, hanno confuso ulteriormente la già precaria e nebulosa identità di una professione comunque giovane rispetto alle altre figure regolamentate da un Ordine ed un Codice Deontologico.
Sta di fatto che, nonostante le varie vicissitudini che accompagnano da sempre la nostra professione fin dalla sua nascita, gli psicologi e gli aspiranti tali stanno crescendo in maniera quasi esponenziale: i circa 27000 iscritti nei vari Albi Regionali di poco più di dieci anni fa sono diventati ad oggi quasi 85.000 e che si stima diventare 110.000 nel giro dei prossimi cinque anni (dati Istat), decine di migliaia di matricole universitarie si continuano a lanciare con grande passione nelle Facoltà di Psicologia distribuite sul territorio italiano (circa 70.000 studenti risultano iscritti nel 2009 nei 26 corsi di laurea presenti).
Una volta esaminati i dati sovraesposti, non ci deve sorprendere se ad oggi circa il 65% degli iscritti ai vari Albi presenti sul territorio è costituito giovani di età compresa tra i 25 e i 35 anni; purtroppo però, Almalaurea (dati del 2011) ci racconta che è proprio questa cospicua percentuale che, di fatto, ha enormi difficoltà nel posizionarsi nel mondo del lavoro nei vari settori "psi". A 3 anni dalla laurea specialistica, dichiara di lavorare in “ambito Sanitario” solo il 13% degli Psicologi, mentre l’87% lavora in altri ambiti (non per forza appartenenti alla psicologia); e nonostante questo, ben un laureato su due fa richiesta di iscrizione ad una scuola di specializzazione in psicoterapia; insomma, chi è psicologo, probabilmente vuole, o comunque prova, o almeno vorrebbe, nel 50% dei casi, fare anche il terapeuta....
Siamo quindi in un paese che non soltanto è sconvolto dal fenomeno della famigerata "crisi" (vedi sopra), ma è anche quel luogo in cui esercitano (o meglio, vorrebbero esercitare) circa un terzo degli psicologi esistenti in tutto il Vecchio Continente e il maggior numero di psicoterapeuti di ogni altro paese europeo; un luogo in cui ricavarsi uno spazio lavorativo degno di questo nome risulta tutt'altro che semplice, dove la previsione assume aspetti tutt'altro che rosei, figure che si continueranno a formare e specializzare senza però capire dove possono dirigere le proprie energie, capacità e competenze lavorative.

LA DOMANDA RISPETTO ALLA FORMAZIONE: UNA PROFESSIONE TROPPO "TERAPEUTICA"

I dati sopra esposti non possono non farci interrogare intorno ad una proliferante domanda di formazione verso la parte di clinica "terapeutica" che concerne la professione dello psicologo, ovvero quella che riguarda l'iscrizione ad una scuola di psicoterapia quadriennale: ma quanto allora l'immagine dello Psicologo è scollegabile dalla funzione di Terapeuta? Ma facciamo un passo indietro.
Se ci guardiamo intorno, vediamo che negli ultimi anni sono cresciute a dismisura non solo la domanda dell'utenza rispetto ad una frequentazione di corsi, specializzazioni, master, perfezionamenti, scuole che hanno a che fare con professioni "parallele" a quella dello psicologo, ma anche la relativa offerta, assai capillare e ben presente su praticamente tutto il territorio nazionale. Professioni appunto affini a quella di psicologo, e quindi non di terapeuta, ma che di fatto, spesso, con la terapia hanno a che fare; ed ecco che compaiono il mediatore, il consuelor, il mediatore/consuelor, il formatore della formazione, l'operatore olistico, il pedagogista (più o meno clinico) e via dicendo; ma dove inizia una professione e dove termina un'altra? Di fatto, chi fa cosa a chi e come? E ancora, da cosa nasce il dilagante desiderio di diventare "guaritori"?
Ed ecco che in un attimo veniamo sommersi in un mare magnum di domande a cui rispondere risulta annoso e difficile, e nel tempo che passa mentre cerchiamo una risposta, ecco che compare qualche altro nuovo profilo professionale. Anche l'offerta formativa è dunque diventata "liquida".

L'OPPORTUNITA' DELLA "CRISI" NEL MONDO DELLA FORMAZIONE

Come abbiamo specificato nelle premesse, "crisi" sta anche al posto di opportunità; perchè quindi, non iniziare a ragionare nell'ambito della possibilità, dandoci una opportunità appunto, una occasione, di ripensare la professione dello psicologo, in un mondo in cui tutto quanto sembra doversi necessariamente assomigliare? Perchè non tentare di ridefinire e ridefinirsi all'interno della propria identità professionale rendendola più precisa nei suoi confini e soprattutto nelle sue funzioni, ma ancora di più, nei suoi obiettivi?
E' proprio alla luce di questa nuova prospettiva che il Polo Psicodinamiche ha ritenuto fondamentale creare una formazione ad hoc per gli Psicologi, che non per forza devono o devono desiderare di essere Terapeuti, tutt'altro: articolando la sua attività in modo organizzato e definito, il desiderio è quello di indirizzare le nuove (e le vecchie) leve verso degli obiettivi professionali e personali ben definiti, creando un ambiente orientato al lavoro di rete nel senso più dinamico e integrante del termine.
E' per questo che oggi il Polo Psicodinamiche propone la sua offerta formativa, giustificando la necessità della sua esistenza proprio in base ai dati statistici a nostra disposizione. L'offerta formativa di clinica e psicologia, psicoterapia e mediazione, si basa quindi su specifiche strategie di analisi dei processi formativi ma anche psicologici, che stanno alla base della necessità di evolversi e di cambiare, per meglio adattarsi al mondo.
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